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CROWDFUNDING VS TUTTI

In questi ultimi mesi ho capito una cosa: alcune persone hanno pregiudizi nei confronti del crowdfunding che meritano di essere compresi, prima che criticati. Ho discusso – tranquillamente – con gente contraria per principio al finanziamento collettivo, e non per aumentare il capitale d'impresa di Eterea e soci, ma perché incuriosito dalle logiche di chi dice NO alla pratica in sé.

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Quando voglio e posso, aiuto i progetti altrui: festival, collettivi militanti, siti opensource, dischi di amici o progetti futuristici. Credo sia un modo per sentirmi parte della vita di altre persone a cui tengo o che fanno cose che reputo utili o fighe. In alcuni casi può anche essere un modo un po' paraculo per essere sostenuto a mia volta, molto più reale di uno scambio di like. Quando presentammo BIOS nel vicentino, chiedemmo alla gente di finanziare il Centro Stabile Di Cultura con un piccolo sovrapprezzo sul biglietto di ingresso, fornendo in cambio copie scontate del cd: la cosa funzionò. A distanza di anni, il Centro Stabile ha deciso di finanziare il nostro nuovo progetto musicale e audio-visivo, prenotando un concerto che faremo tra mesi.

 

Tutto ciò mi sembra bello. Perché alcuni vedono negativamente questo meccanismo di sostegno?

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Tra i non addetti al settore, dietro a certe posizioni ci sono spesso preconcetti sui “musicisti” e certo io non posso biasimarli. È una parola che anche a me non fa impazzire: la uso molto poco. Non certo per il suo nobile significato, ma per l'immagine che il contesto culturale ci ha appiccicato su: giovani ricchi e pazzi, senza obblighi e pronti a reclamare il proprio diritto di sfasciare tutto. Aggiungiamoci poi il pregiudizio che il "musicista" devi vederlo in tv o almeno sentirlo in radio, altrimenti non è chiaro cosa faccia della sua misera vita.

 

Confesso che a volte uso perfidamente questo stereotipo contro le altre categorie: “Quindi sei architetto? Mai sentito il tuo nome. E che roba fai, tipo Renzo Piano?”.

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Dietro alle ragioni del dissenso tra gli addetti al settore – a parte forse un caso di pregressa antipatia cronica – ho scorto molta resistenza alle novità, soprattutto da parte delle vecchie guardie. Il crowdfunding non piace perché è una cosa troppo moderna, da bimbiminchia che stanno tutto il giorno sullo smartphone e non vanno ai concerti. E poi scegliere di chiedere denaro tramite un video è considerato da molti un incrocio tra Mondial Casa e Isis. Il vero musicista suona a testa bassa e non chiede niente. MAI.

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Veniamo adesso alla parte interessante: qui sotto ci sono alcune delle affermazioni che i più coraggiosi – che ringrazio – mi hanno scritto o detto di persona.

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“Cos'è, chiedete soldi in beneficienza adesso?”

Se intendi a livello tecnico, stai praticamente acquistando una cosa che deve ancora essere prodotta. Mai comprato un biglietto prima di un concerto? Non mi pare così diverso.

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“Sembra un po’ un ricatto”

Abbiamo fatto una domanda precisa al nostro pubblico: vi va di finanziare un disco degli Eterea Post Bong Band e anche parte di un misterioso cortometraggio? Se ti sembra un ricatto, prova a sostituire “Eterea" col tuo gruppo preferito: vedrai che suonerà meglio.

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“Io finanzio solo progetti con una storia”

Fico. Anch’io un paio d’anni fa ho contribuito su Produzioni Dal Basso al restauro di una storica barca a Venezia, ottenendo in cambio una stupenda stampa serigrafica.

Di recente ho trovato un volantino del primissimo live degli Eterea: era il 1996 e facevamo innegabilmente cagare. Però qualche adulto ci disse che, tra tutte le band che facevano cagare, noi ci distinguevamo e facevamo cagare in maniera originale. Non so se volesse semplicemente deriderci, ma da allora abbiamo sempre cercato di migliorare e c’è chi, magari sbagliando, potrebbe affermare che anche noi abbiamo la nostra piccola, insignificante storia. Da cui forse deriva la credibilità che ci ha permesso di superare di 1k il goal della campagna.

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“I cd si vendono ai live”

Vero. Uno ti vede sul palco, gli piaci e ti compra cd e vinile. Ma tu sei del settore e sai bene che le vendite dopo i concerti sono soggette a mille variabili: orari di esibizione, mood della serata, posizione del banchetto, presenza di altri gruppi. In alcune zone d’Italia, manca proprio la cultura del comprare dischi ai concerti. E le vendite digitali sono quello che sono, se non hai un pezzo in top ten. Perciò non sarei così ortodosso nel rispetto delle vecchie forme: vediamo che succede sperimentando cose nuove.

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"Così è troppo facile"

Il giorno prima del lancio della campagna, il rischio di non convincere era quasi palpabile: un fiasco avrebbe avuto effetti negativi su umore e immagine, oltre a vanificare tutti gli sforzi fatti. Sì, perché per ideare e realizzare una campagna, sappilo, serve parecchio lavoro da parte di parecchie persone. Non starò qui ad annoiarti con tutte le fasi di lavorazione o i nomi dei disgraziati che abbiamo coinvolto, ma di sicuro ci siamo fatti il culo a strisce e ora ce lo stiamo facendo a quadretti per confezionare disco e cortometraggio. Il tutto in mezzo ad altri impegni di lavoro, figli, traslochi e traffici di panda dalla Cina. Ma nessuno di noi si lamenta. A parte il finanziamento in sé, la campagna è servita a costringerci a comunicare in maniera più chiara possibile quella matassa fantascientifica e stratificata che è Nordwalkers, oltre ad aver indubbiamente dato una spinta al progetto stesso.

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“Una volta si faceva tutto da soli”

Vero. Prima di internet una raccolta fondi era praticamente impossibile per gruppi delle nostre dimensioni. Soprattutto per questo motivo “si faceva tutto da soli". Secondo me non c'è assolutamente nulla di contrario al crowdfunding nei principi fondanti del D.I.Y. (Do It Yourself, per i non addetti).

 

Certo, fare tutto da soli è un’esperienza formativa unica, che consiglio a chiunque (ricordo con tenerezza le pile infinite di cd da masterizzare).

 

Ma ragazzi, non diventiamo martiri del D.I.Y.: se qualcuno crede in voi tanto da finanziarvi il disco (a noi è successo ben prima del crowdfunding), approfittatene e incanalate tutte le energie sulla musica, senza snaturarla o mercificarla. Prima di Myspace, toccava mandare demo in giro, scrivere a centinaia di locali, fare manifesti e andare pure ad attaccarli in giro. All’epoca non avevamo neanche una scena locale a cui appoggiarci (stranamente il post bong a Schio non andava granché), così ci inventammo l’IndustriAlien: un collettivo di gruppi veneti sfigati come noi, che serviva fondamentalmente a farci sentire meno soli.

 

Poi collaborammo con etichette discografiche che stampavano i nostri dischi, in alcuni casi occupandosi – con nostro grande sollievo – anche di booking e ufficio stampa come la magica Trovarobato. Organizzammo pure festival in provincia e fuori, conoscendo personaggi importanti per la nostra formazione.

 

Più recentemente, abbiamo cominciato a far stampare dischi a nostre spese e rivenderli all’etichetta, per poter avere un margine economico maggiore e pagarci le ultime rate del furgone.

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È un percorso che condividiamo con molti di voi. E oggi abbiamo fatto il crowdfunding. Non vedo certo una linea dritta in questo guazzabuglio, ma ci trovo un senso.

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Chiudiamo con le due affermazioni migliori.

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“Mi sono autoprodotto il primo disco tirando su le mance della nonna”

Ok, ma più che D.I.Y. lo chiamerei Dì Ai Tuoi.

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“Io i soldi che mi avanzano li dò ai bambini africani, mica agli Eterea”

Fai bene, ma guarda che quelli poi crescono, vengono qui e ti rubano il lavoro. Meglio dar tutto ai drogati, che a loro il tuo lavoro FA SCHIFO.

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